A cura di Carlo Escoffier
Se avessi provato ad azzardare questo risultato il mese scorso, forse mi avreste preso per pazzo, per sognatore; mi sarei cucito addosso l’abito di chi crede nelle favole, nell’happy ending. Organizzare un mondiale e vincerlo, assurdo e impensabile, soprattutto per una squadra di recente costruzione come la Polonia. E invece siamo qui, a commentare la vittoria della squadra ospitante a discapito dei campioni uscenti. E dobbiamo distinguere bene, perché non è stato il crollo del Brasile (giustificazione più che plausibile all’inaspettato successo polacco), ma è stata una meritata vittoria dei padroni di casa! Ieri gli appassionati di pallavolo hanno assistito ad un vero e proprio miracolo sportivo: l’unione che sovrasta il genio. Inevitabilmente potremmo pensare “ma la Polonia non ha mai dimostrato di essere la più forte”, ed è vero. Tuttavia, è universalmente riconosciuto che i vincitori hanno sempre ragione, quindi chapeau a chi ha saputo combattere facendosi forte delle proprie motivazioni, che hanno colmato a tratti le carenze di una squadra non particolarmente ricca di fenomeni. Una nazionale, quella polacca, divisa esattamente a metà tra volti nuovi e vecchia guardia, orchestrata da un ex giocatore (attivo fino alla scorsa stagione) fulcro del progetto bianco-rosso: Stéphane Antiga. Il neo tecnico ha avuto, sin dalla World League, il coraggio di dar spazio a “sconosciuti” come Mika, Kłos, Wrona e Zatorski, che proprio nel torneo sopraccitato hanno sostituito rispettivamente Kurek, Nowakowski, Możdżonek e Ignaczak, perni della nazionale negli anni passati. Antiga riparte da loro, e nelle varie fasi della World League assistiamo alla rapida crescita del gruppo polacco, grazie soprattutto alla presenza di leaders come Winiarski, Zagumny e Wlazły. Questi ultimi due rientrano in nazionale appositamente per il mondiale casalingo, per lasciare nella mente e negli occhi dei propri tifosi un ricordo indelebile della loro grandezza pallavolistica. Prende così forma la rosa che sarà guidata al Mondiale da capitan Winiarski, e si delinea di conseguenza lo starting six che ieri sera ha alzato la coppa del Mondo. La novità è l’esclusione di Kurek, che resta così in Italia dopo le final six di Firenze per la preparazione con la Lube, mentre il reparto schiacciatori della Polonia si compone del giovane Mika, dell’esperto Winiarski, dell’ex campione di beach volley Kubiak e di Rafal Buszek. Dopo aver superato senza troppe difficoltà le fasi preliminari, la Polonia arriva a Katowice, dove la attende un Brasile carico di aspettative e di rabbia agonistica, a volte eccessiva (elemento molto evidente in alcuni giocatori, lascio a voi la malizia di pensare chi siano), reduce da 3/3 finali mondiali vinte, pronto a portare a casa la quarta per scrivere così un record mai raggiunto: il poker di coppe del mondo consecutive. La rivincita della finale del 2006 è presa, e sul risultato di 25-22 si chiude il terzo set e la partita: 3-1 Polonia, esplode la Spodek Arena e la nazione intera!
La Polonia vince davanti ai propri tifosi con una sola sconfitta in tutto il torneo, rimediata contro gli USA, e dopo aver battuto le potenze del volley mondiale: Brasile x2, Iran, Russia, Serbia e Italia.
Le pagelle:
- Antiga: voto 9; ha preso una nazionale affermata a livello mondiale, l’ha modellata e l’ha resa vittoriosa nonostante la nuova fisionomia. Per il voto 10 aspettiamo di vedere la sua squadra nei prossimi impegni. Ingegnere;
- Capitan Winiarski: voto 8; le sue prestazioni rispecchiano il suo carattere. E’ sempre l’ultimo a mollare e insieme a Wlazły carica sulle sue spalle la squadra nei momenti di difficoltà. Braveheart;
- Wlazły: voto 7+; offusca il suo mondiale con momenti di buio totale, durante i quali Konarski viene chiamato in causa per sostituirlo. Odi et amo;
- Mika: voto 7.5; conclude il campionato del Mondo con una finale da 22 punti, 1 muro e due aces, inficiata solo dalla poca precisione in ricezione su palla flottante, suo grande limite. Si conferma a livelli molto alti, togliendo definitivamente il posto sia a Kurek che Kubiak. Inaspettato;
- Kłos – Nowakowski: voto 7+; coppia inedita di centrali che sorprende tutti per l’efficienza in attacco e a muro. Se per il primo bisogna sottolineare la fase di muro, Nowakowski non ha dato molte certezze sotto questo punto di vista, ma ha saputo confermarsi come sbocco per le alzate di Drzyzga e Zagumny. Inediti e in crescita;
- Drzyzga: voto 6.5; ordinato e preciso, non riesce tuttavia a trovare sempre le giuste soluzioni quando la palla è staccata da rete. Realtà del campionato polacco, è il titolare della Nazionale senza ombra di dubbio, ma deve trovare sicurezza nei propri mezzi per riuscire a sfruttare a pieno la varietà di attaccanti in campo. Efficiente ma non sempre efficace;
- Zagumny: voto 7.5; 37 anni e non sentirli. Traghetta la Polonia verso l’oro nella finale smarcando con facilità estrema le sue ali e servendo precisi primi tempi. Uno dei palleggiatori più forti dell’ultimo ventennio, incaricato di far crescere Drzyzga con il suo esempio. Eterno;
- Zatorski: voto 8+; anima della Polonia in difesa e ricezione, mette in risalto le carenze dei liberi avversari. Giovane e già completo, si appresta a diventare uno dei più forti al mondo dopo aver visto per anni Ignaczak guidare la seconda linea polacca. Solido e carismatico, è lui l’arma in più di questa Polonia. Se molte squadre devono far affidamento su due liberi (uno per la ricezione e uno per la difesa), Antiga ha Zatorski che prende tutto. Tosto;
- Bernardo de Rezende: voto 7; anche il miglior allenatore al mondo in termini di successi non può nulla contro la solidità della Polonia. Oltre che mischiare le carte e motivare la squadra, Bernardinho non ha potuto fare altro che assistere al graduale crollo delle certezze verdeoro. Non si può di certo accusare lui della sconfitta brasiliana dopo un decennio di successi. Da ricordare che comunque ha portato due argenti a casa, sia al mondiale che in World League. Maestro;
- Bruno de Rezende: voto 7; il figliol prodigo si conferma come uno dei migliori palleggiatori al mondo per estro e per organizzazione di gioco. A volte eccessivo nel forzare la mano, è comunque capace di far rendere al massimo tutti i suoi attaccanti. Rabbia e cuore per il sudamericano. Costante;
- Lucarelli: voto 7.5; nel suo braccio ci sono le sorti del Brasile dei prossimi anni. Classe ’92, ha nel repertorio ogni tipo di attacco e li mostra tutti senza paura. Manifesta timore e insicurezza quando il momento è delicato, ma Bruninho affida a lui le palle che scottano. Già sui taccuini di allenatori di mezzo mondo, dimostra ancor di più quanto talento possieda. Il Brasile riparte da lui. Rivelazione;
- Murilo: voto 5; il metro di giudizio in questi casi è semplice, basta osservare le statistiche. Pochi palloni affidati al 33enne, ancor di meno quelli decisivi, servizio non più in salto ma flottante. Insomma, questi sono i segnali di un giocatore al tramonto, spesso e volentieri sostituito (con efficacia) da Lipe nel corso di questo Mondiale e della World League. Forse, dopo anni di vittorie, è tempo di lasciare il posto a chi più giovane e motivato. Deludente;
- Sidão e Lucas: voto 6-; molto discontinui ma comunque decisivi nel corso del Mondiale, è questo il segreto dei due centraloni verdeoro. Lucas stampa 8 muri nella finale di cui la metà nel primo set, poi è un continuo calare, sia in attacco che a muro. Sidão diventa inesistente con il crescere di Nowakowski-Kłos e viene sostituito da Eder. Entrambi convinti di poter dominare gli schiacciatori polacchi, vengono schiacciati dalla loro presunzione. Arroganti;
- Wallace: voto 7+; nella top 3 degli opposti più forti al mondo, conclude il Mondiale con 18 punti all’attivo (19.5% del totale portato a casa dai brasiliani), che in una sconfitta per 3-1 fanno capire quanto grande sia l’apporto dello schiacciatore del Sada Cruzeiro nell’economia del gioco. Sicurezza;
- Mário Júnior: voto 6+; il nuovo libero di Piacenza è protagonista di un Mondiale senza né lode né infamia, caratterizzato dall’alternanza con Felipe per la fase di difesa. Continuo;
- Raphael – Vissotto: voto 5.5; i due giocatori ex Trento sono oggetto di cambi su cambi, per permettere alla prima linea di avere un muro più solido e alto con Vissotto, per contrastare le altezze dei polacchi. Tuttavia, il cambio è infruttuoso, in quanto l’opposto non entra mai in partita ed è poco efficace in attacco nonostante le lunghe leve. Inconcludenti.
Forse queste due finali (Mondiale e World League) sono i sintomi di una pallavolo che sta cambiando, dove il singolo acquista importanza e rilevanza sempre minore, per lasciar spazio alla forza del gruppo, alla volontà di vittoria che sopperisce alle capacità tecniche. La vittoria della Germania sulla Francia e la conquista della medaglia di bronzo sono l’espressione di questo concetto: una squadra priva di eccellenze oltre Grozer è stata capace di mettere la museruola ad una rosa ricca di talenti come N’Gapeth, Rouzier, Le Roux e Tillie. Cosa conta di più a questo punto, le motivazioni o il talento?
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